martedì 4 giugno 2013

Siria: i retroscena parigini del conclave di Doha!


di Nasser Sharara.

La Conferenza di Doha sulla Siria, nel novembre 2012, includeva un aspetto oscuro che consisteva nel tracciare un piano per cambiare la realtà politica e militare sul terreno, spingendo Parigi ad accelerare e istigare a “bruciare le tappe.” Ne è venuto fuori un “memorandum confidenziale” che definisce la funzione operativa della nuova “coalizione dell’opposizione siriana”, una volta che i ribelli riorganizzati e concentrati su cinque fronti assalteranno le principali città siriane.

Secondo una fonte molto in alto nelle gerarchie delle autorità siriane, molti dettagli dei piani segreti architettati al margine di Doha, avrebbero preso la via di Damasco, rivelando che l’obiettivo del congresso non era soltanto trovare una soluzione alla crisi manifesta della frammentata opposizione fondamentalista islamica, ma anche e soprattutto sviluppare un piano che potrebbe cambiare la realtà politica e militare siriana; la recente “Battaglia di Damasco” rientra nelle decisioni segrete prese nella stessa conferenza. In particolare, la Francia ha cercato di manovrare dietro le quinte per diversi motivi. Tra questi, i massimo dei suoi sforzi per convincere l’UE a revocare il divieto di fornire armi all’opposizione siriana che, secondo Parigi, è pronta a ottenere una vittoria decisiva. Pertanto, la comunità internazionale avrebbe dovuto seguire il suo esempio attraverso il riconoscimento della coalizione [1] come unico rappresentante del popolo siriano e come unico punto di contatto di tutte le opposizioni. Così, i dibattiti riportati da alcuni partecipanti a questa famosa conferenza, dimostrerebbero l’insistenza della Francia nel rovesciare il governo siriano al più presto possibile, incoraggiando “a bruciare le tappe” nel promuovere l’escalation politico-militare e risolvere il problema della paura generata, in occidente, dall’opposizione armata, chiaramente dominata dalle cellule di al-Qaida e dagli elementi soggetti ai programmi degli estremisti salafiti.

Il piano dei cinque fronti  Sulla base di quanto filtrato dalla conferenza di Doha, del suo rapporto con la situazione generale militare in Siria, delle organizzazioni della cosiddetta opposizione siriana infine fusesi, della battaglia di Damasco che ne è seguita, secondo le fonti informate che hanno parlato con al-Akhbar, le posizioni dei cosiddetti “amici del popolo siriano” non sono immerse nell’armonia totale. Mentre Parigi si distingue per il suo desiderio di aggredire e la sua insistenza a bruciare le fasi del confronto con le autorità siriane, Washington e in misura minore Londra, ritengono che in questa fase sarebbe meglio applicare semplicemente sanzioni economiche più severe e spingere l’opposizione a riorganizzarsi sotto l’egida della nuova coalizione, per liberarsi “parzialmente” dei propri estremisti; solo in parte perché potrebbero “ancora essere utili” per indebolire lo stato siriano! Di conseguenza, un documento con il timbro del segreto, sarebbe circolato dietro le quinte, per preparare le discussioni sulla necessità della cautela nell’armamento dell’opposizione. I punti chiave di questo documento riservato si concentrano su due assi principali, l’operatività e i doveri della Coalizione Nazionale che “dovrebbe dimostrarsi capace di superare diverse sfide”, tra cui: 1. Unificare l’assistenza umanitaria agli sfollati dentro e fuori i confini siriani, in modo che possa raggiungere tutti i siriani attraverso “il canale esclusivo dei Fratelli musulmani.” 2. Rivedere l’organizzazione dei ribelli armati asserviti alla coalizione degli oppositori, di cui ne costituiscono i due terzi secondo i dati dei servizi segreti stranieri, secondo un piano che unirebbe cinque fronti preparati contro le principali città siriane. Questo, al fine di eliminare l’ultimo terzo costituito dai salafiti, che sarebbero fedeli solo a se stessi. Una terza area di discussione sarebbe focalizzata sull’armamento della coalizione dell’opposizione siriana. 

I membri di spicco della coalizione hanno presentato la brillante idea di abolire il divieto e la codificazione delle armi destinate ai cosiddetti ribelli, mentre i funzionari governativi francesi hanno indicato che, nel caso in questione, qualsiasi coinvolgimento in questa direzione dovrebbe passare attraverso una decisione dell’Unione europea, richiedendo il consenso dei 27 paesi partner con i quali si è in corso di negoziazione. Hanno detto che il problema per il governo francese è inestricabilmente legato a “scongiurare il pericolo degli infiltrati jihadisti nell’opposizione siriana”, l’occidente è anche, e per la maggior parte, disposto ad armare l’opposizione così riorganizzata. Ciò che questi eminenti oppositori hanno replicato è che proprio questa astensione occidentale ha portato le forze salafite ad essere più pesantemente armate, avendo la possibilità di dipendere solo dalle reti del finanziamento privato, anche se sponsorizzate dai paesi del Golfo. Parigi avrebbe promesso di discuterne durante le deliberazioni del Consiglio europeo per gli affari esteri, che ha avuto luogo nella seconda metà del mese scorso. Ma le risposte all’ultima domanda sono rimaste segrete! In ogni caso, gli osservatori della conferenza di Doha hanno visto che Parigi, superando la cautela dagli Stati Uniti, sembrava molto ansiosa di mobilitarsi a favore della decisione di armare coloro che essa chiama “opposizione democratica siriana”, se non altro per il suo impegno nel cercare l’approvazione dei suoi partner dell’Unione europea. Tuttavia, come il corso degli eventi ha dimostrato, Parigi ha fallito nel suo tentativo di porsi a leader della “comunità internazionale” nella crisi siriana, e dovrà porsi nel campo guidato da Washington. Ma nel frattempo, gli eventi di Gaza hanno monopolizzato gli sforzi diplomatici internazionali dedicati alla situazione siriana…

Fallimento dell’opzione francese  Dopo la conferenza di Doha, vi sono state aspre critiche, anche all’Eliseo, sull’opportunità dell’iniziativa prematura del presidente francese François Hollande, che ha dichiarato di riconoscere la coalizione “come l’unico rappresentante del popolo siriano, e quindi come governo provvisorio della futura Siria democratica, permettendo di farla finita col regime di Bashar al-Assad!” [2]. Secondo fonti diplomatiche, Hollande avrebbe indicato i tre motivi che l’hanno portato a distinguersi, mentre Londra e Washington si erano astenute dal riconoscere la coalizione in questi termini. Il primo motivo è dovuto al suo impegno personale, che si era ripromesso di rispettare, facendo al più presto l’annuncio. Il secondo era la sua convinzione personale della necessità di accelerare le mosse militari e diplomatiche per non smorzare la spinta dell’accordo di unificazione, ottenuto a Doha a prezzo di molte difficoltà. Il terzo era relativo al suo desiderio di vedere Parigi in prima linea, sulla scena internazionale, ripetendo in Siria il proprio ruolo in Libia. Come Sarkozy aveva ufficialmente ricevuto l’illustre Consiglio nazionale di transizione [NTC] accelerando l’intervento occidentale in Libia, facendo pendere la bilancia a favore dei ribelli, Hollande ha pensato bene di correre a nominare l’ambasciatore a Parigi della Coalizione nella persona del dissidente siriano, in esilio da anni, Makhous Mounzer, poco dopo aver ricevuto Ahmad Moaz al-Khatib, nominato presidente della coalizione da poco unificata. Ma Parigi non è stata molto contenta di vedere che il suo approccio non ha alterato le riserve di Londra e Washington, che praticamente non hanno cambiato la loro posizione internazionale sulla questione siriana, come era avvenuto in Libia. Anche la Lega araba, su cui Parigi puntava molto facendo leva sull’opposizione siriana, non si è espressa così chiaramente come previsto, in quanto ha riconosciuto la coalizione come osservatore e non come unico rappresentante del popolo siriano. 

Parigi non si è resa conto che la sua fretta di rovesciare il governo siriano, imitando il caso libico, era problematica, soprattutto quando ha autorizzato a nominare un ambasciatore della coalizione degli oppositori, sollevando questioni giuridiche, dato che alcun governo di opposizione è stato fondato in Siria o all’estero! Parigi, infatti, è andata avanti mentre la Gran Bretagna e gli Stati Uniti dichiaravano di avere ancora da discutere sui termini di questo riconoscimento… [3]. Così, Parigi ha cercato di diffondere i suoi argomenti per convincere i suoi partner, in particolare Washington, sui meriti della sua politica. Sempre da fonti diplomatiche, l’argomento forte in questo caso si riduceva nel dire che Parigi avrebbe riconosciuto la coalizione “perché avrebbe cercato di far pendere la bilancia a favore dei musulmani moderati, a scapito degli infiltrati salafiti tra i combattenti armati e i diversi gruppi politici!”. Ma sembra che Londra e Washington siano rimaste sulle loro posizioni: aiuti umanitari e unificazione nei cinque fronti dei combattenti, che verrebbero staccati e non asserviti ai gruppi estremisti [4]. Coloro che hanno seguito queste discussioni a Doha, prevedono che s’innescherà una guerra tra salafiti e cosiddetti musulmani moderati. In altre parole, si aspettano una seconda guerra civile dentro quella attuale, che avrebbe luogo sempre sul suolo siriano!

Fallimento dello scenario adottato per assassinare al-Assad Sempre sull’obiettivo di “bruciare le tappe” perseguito da Parigi, con la simpatia “condizionata” della Gran Bretagna, sono emersi informazioni che rimangono da dimostrare. Si concentrano sul fatto che la “battaglia di Damasco” avrebbe coperto un fallito tentativo di assassinare il Presidente della Siria ad opera di un presunto squadrone giordano, incaricato di penetrare nell’aeroporto internazionale di Damasco, prima di continuare il suo raid contro una località ritenuta essere luogo di residenza del Presidente. Tutto questo per far credere che l’attentato sarebbe stato commesso dagli avversari interni ed evitare il coinvolgimento degli Stati Uniti verso la Russia. A questo proposito, vale la pena ricordare l’apertura di un ufficio dei servizi segreti britannici nella capitale giordana, incaricato dell’esecuzione della logistica diretta al territorio siriano.



fonte:  Al-Akhbar [Libano] http://www.al-akhbar.com/node/173177
condiviso da: Global Research
Articolo tradotto dall’arabo da Mouna Alno-Nakhal per Mondialisation.ca

Valutazioni:

[1] “Protocollo di Doha” dell’opposizione siriana (http://www.afrique-asie.fr/menu/actualite/4388-syrie-opposition-protocole-de-doha-fin-de-l-etat-syrien.html) Una “opposizione” eterogenea, divisa, senza programma e senza prospettiva creata dal Qatar e doppiata da François Hollande!http://www.afrique-asie.fr/menu/actualite/4388-syrie-opposition-protocole-de-doha-fin-de-l-etat-syrien.html
[3] Il diritto internazionale permette di sostenere apertamente l’opposizione armata in Siria?http://www.mondialisation.ca/le-droit-international-permet-il-de-soutenir-ouvertement-lopposition-armee-en-syrie/5314447
[4] Gli Stati Uniti finalmente ammettono l’invio di armi pesanti dalla Libia ai ribelli sirianihttp://www.businessinsider.com/obama-admin-admits-to-covertly-sending-heavy-weapons-to-syrian-rebels-2012-12 “Entrambe queste disposizioni, il riconoscimento dell’opposizione unificata e l’istituzione a distanza di gruppi estremisti, sono necessari per l’amministrazione Obama per riconoscere apertamente di sostenere i ribelli siriani con armi e rifornimenti.”

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