Di Chris Jones
Global
Research
Ambelos
è solo uno dei tanti villaggi di montagna dell'isola di Samo. E' qui
che ho vissuto negli ultimi cinque anni. Gli ultimi due censimenti
hanno fatto registrare una popolazione di oltre 300 persone, il che è
una grave esagerazione se si pensa che la popolazione residente tutto
l'anno ammonta a poco più di 120 unità. Questa cifra è stata
appositamente inventata da coloro che hanno delle proprietà nel
villaggio, ma che risiedono altrove e scelgono Ambelos solo in
occasione delle elezioni o del censimento. Nonostante siano
pochissime le risorse stanziate direttamente nel paese, sia dal
governo centrale che da quello regionale, l'ammontare della
popolazione ha una certa portata nella determinazione delle
assegnazioni, incluse quelle relative alla rappresentanza politica.
Con meno di 300 abitanti, ad esempio, il paese non può avere un
sindaco.
Non
c'è motivo di credere che il caso di Ambelos sia eccezionale in
Grecia. Ma se è vero che tutti i paesini sono intenzionati come
Ambelos a far figurare che la popolazione non scende sotto i 300
abitanti, allora è assai improbabile che i dati emersi dal
censimento – come del resto quelli ricavati dalla maggior parte
delle statistiche in Grecia – siano attendibili.
Ma
nessun tentativo di falsificazione può nascondere la realtà che
villaggi come Ambelos sono intrappolati in un lungo processo di
decadenza che si trascina da decenni. La combinazione tra il fatto di
dipendere da un'economia su scala ridotta, un'agricoltura
essenzialmente contadina ed un turismo prettamente estivo non è mai
stata sufficiente a soddisfare il fabbisogno della popolazione.
L'emigrazione per periodi sia lunghi che brevi è storicamente
conclamata da quando gli isolani hanno cominciato ad andarsene alla
ricerca di lavoro, stipendi più alti e condizioni migliori di quelle
che avrebbero potuto trovare a Samo.
Di
ritorno alla terra?
Il
processo di decadenza che si era manifestato in maniera sporadica e
graduale sta ora accelerando, man mano che l'austerità
aumenta.
Per
un certo periodo io ed altri ci siamo chiesti se l'aumento
dell'austerità avrebbe giovato a villaggi agonizzanti come Ambelos.
Due anni fa sia i media greci che quelli internazionali hanno parlato
molto del fenomeno dell'emigrazione, in particolare da Atene, dove la
situazione era diventata disumana. Hanno detto che migliaia di
persone stavano facendo ritorno ai villaggi rurali della Grecia, dove
i genitori o i nonni avevano terre e proprietà. A quanto pareva, la
mancanza di lavoro, di guadagno e di prospettive, unita al
conseguente deterioramento delle relazioni sociali nella città di
Atene, avevano reso appetibile l'idea di ritornare in campagna.
Sicuramente sono molte le storie che possono servire come fonte
d'ispirazione per un ritorno alla terra ma, dal punto di vista di
Ambelos e di altri villaggi simili nell'isola di Samo, non c'è
nessuna prova significativa di questo fenomeno. E ciò nonostante il
fatto che molte delle case sparse in paese appartengano a famiglie
che vivono ad Atene. A quanto ne so, nell'ultimo anno ad Ambelos si è
trasferita una sola famiglia proveniente da una cittadina del nord
della Grecia devastata dalla recessione. La loro intenzione è di
mettere insieme un gregge di capre e di dedicarsi alla produzione di
formaggio e yogurt.
Ma
rappresentano un'eccezione. Durante l'estate ho chiesto a Georgios se
ha mai considerato l'idea di lasciare Atene per tornare in paese. Ha
circa vent'anni e la prospettiva di tornare nel villaggio dov'è
cresciuto e dove ha frequentato le elementari gli piacerebbe. “Non
se ne parla nemmeno”. Impossibile, mi ha detto, per il semplice
fatto che non c'è lavoro per un libraio specializzato, né in paese
né in tutta Samo. Per lui l'idea di restare arenato, senza reddito e
senza lavoro, in un villaggio senza un'autolinea, senza una scuola,
divenuto oramai un posto dove non è possibile nemmeno farsi una
famiglia, è uno scenario da incubo. Vassilis, che ha passato
l'estate ad Atene, mi ha di recente raccontato le esperienze di
alcuni dei suoi amici che hanno lasciato la città per tornare nei
loro paesi natii. Esperienze tristemente segnate dallo sconforto e
dalla profonda delusione di ritrovarsi isolati, più poveri ed in
luoghi semplicemente consumati dalla recessione e dall'austerità.
Stando a quanto dice Vassilis, alcuni dei suoi amici sono rimasti
sconvolti nel constatare che ciò che a loro era parso come un passo
avanti verso una nuova vita, più ricca e soddisfacente, si fosse
rivelato così disastroso.
Trasferirsi
in città
Ad
Ambelos non c'è nessun nuovo afflusso di gente intenzionata a
stabilirsi permanentemente, cosa che servirebbe moltissimo per il
rinnovamento del villaggio, specie si trattasse di famiglie giovani,
che con la loro presenza darebbero una chance alla riapertura della
scuola elementare, chiusa tre anni fa. Ma finché non si creano posti
di lavoro è difficile che ciò accada. Questa settimana ho parlato
con Vangelis, che a circa trent'anni è una delle poche persone che
sono riuscite a creare un piccolo business di successo e ad aprire
una bottega nel centro del paese. Si è sorpreso del mio stupore
quando ho saputo che per prendere una simile iniziativa non era
previsto nessun incentivo da parte dello Stato. Vangelis è certo che
lo Stato non ha alcun interesse a sostenere i piccoli villaggi come
Ambelos e che anzi sarebbe ben felice di abbandonarli alla loro
deriva o di trasformarli in insediamenti di case-vacanza. E' ed è
sempre stata, dice lui, la politica dei governi che si sono succeduti
quella di incoraggiare l'immigrazione dalla campagna alle principali
aree urbane, come in effetti è accaduto ad Atene.
Ora
di andare?
Nel
frattempo accelera il processo di decadenza. La maggior parte dei
residenti stabili ha più di 70 anni. Il piccolo cimitero del
villaggio ora è pieno e a partire dagli ultimi due anni la
possibilità di conservare la tomba gratuitamente per un periodo di
4/5 anni non può più essere rinnovata. Così le tombe vengono
regolarmente svuotate e le ossa trasferite negli ossari in modo da
fare spazio. Ma va anche segnalato che, man mano che lo stato sociale
si sgretola, le entrate delle famiglie calano, le pensioni
diminuiscono e gli spostamenti ridotti per la mancanza di bus e per
il prezzo del carburante, si assiste ad un aumento del numero di
persone single anziane che lasciano il paese per l'intero anno o solo
per l'inverno per andare a stare con le loro famiglie ad Atene o
nelle città di Samo e Karlovassi. Per le persone sole, di qualsiasi
età esse siano, sta diventando impossibile sopravvivere: da qui il
diffondersi di nuclei famigliari dalla fisionomia sempre più
mutevole. Persino in paese le famiglie stanno re-inglobando quelli
che per mancanza di fondi non hanno potuto terminare i loro studi e
quindi ritornano dalle università. So di famiglie in cui l'esigua
pensione del parente più anziano rappresenta l'unica fonte regolare
di reddito. Kostas, metallurgista specializzato mai assunto, che vive
in città a Samo con la sua famiglia, mi ha raccontato che oggi il
suo nucleo famigliare comprende 5 adulti in età da lavoro e che
l'unica entrata proviene da suo padre. Questa è la norma
oramai.
Tutte
le persone più giovani sotto i 35 anni di età che si sono laureate
hanno già lasciato sia il paese che l'isola, tranne una che lavora
in un'attività finanziaria famigliare. Per i giovani rimasti (circa
10) quest'ultimo anno è stato incredibilmente difficile, in quanto
il mercato dell'edilizia e quello del lavoro da barista si è
esaurito. Persino i 3 nel villaggio che erano stati presi per un
progetto occupazionale finanziato dall'Unione Europea hanno vissuto
un periodo tremendo. Già duramente sotto pressione, le centinaia di
lavoratori coinvolti in questo progetto non hanno nemmeno ricevuto la
paga settimanale. I gestori hanno mentito e li hanno trattati in una
maniera vergognosa.
Durante
l'estate era normale vedere gruppi in grado di includere fino a 15
categorie di lavoratori dedicarsi alla pulizia delle strade, allo
sfoltimento della vegetazione e allo smaltimento dei rifiuti.
Dal
momento che lavoravano sulla strada tutti quanti indossavano gilet
arancioni fosforescenti, il che li faceva sembrare una colonia di
carcerati in una sorta di punizione socialmente utile. Tutto ciò per
500 euro mensili e senza essere regolarizzati. E' uno
scandalo.
Senza
quasi eccezioni, la voce tra i giovani del villaggio è quella di
lasciare Samo e la Grecia e senza dubbio molti partiranno non appena
possibile. All'orizzonte non si vede uno spiraglio di luce che faccia
pensare che le cose possano volgere al meglio. La maggior parte dei
discorsi in paese riguardano le difficoltà che aumentano man mano
che la povertà si aggrava. Le famiglie che fino a 2 anni fa
credevano di poter sostenere le spese universitarie dei propri figli,
ora sono sul punto di richiamarli a casa; la stazione di servizio che
un'altra famiglia ha preso in gestione 4 anni fa è sull'orlo della
chiusura in seguito alla morte del padre. Queste sono le storie di
tutti i giorni. Non c'è da stupirsi che i giovani siano ansiosi di
avere notizie sulle opportunità di lavoro e sul destino di quelli
che sono partiti. Questa settimana la notizia è che Miko, il
costruttore che si è trasferito dal villaggio a Karlovassi con la
moglie e i due bambini quando la scuola del paese ha chiuso, è in
partenza per andare a lavorare a delle strutture turistiche da
qualche parte nell'Africa Occidentale. E quando mi soffermo un attimo
a pensare mi sembra incredibile che al di fuori della mia piccola
cerchia di amici e conoscenti 2 siano tornati dalle loro famiglie in
Nord Africa, uno ce l'abbia fatta a Londra, un altro stia andando a
piedi dalla Grecia all'Italia e al momento si trova accampato in
Romania, un altro dovrebbe partire per Parigi tra 3 settimane, un
altro ancora parte questa settimana per Monaco, altri 2 contano di
essere in Polonia per Natale. E tutto ciò negli ultimi sei mesi.
Siamo testimoni di un esodo di disperati che se ne vanno con la
tristezza nel cuore, perché sanno che la loro partenza renderà le
loro famiglie ancor più fragili. È certo che Ambelos non può più
permettersi di perdere altri giovani.
Un
paese bi-stagionale
Al
momento Ambelos è 2 villaggi: il villaggio estivo, dove il posto è
vivo, le case abitate, la “platia” centrale piena di rumori per
via dei bambini che giocano mentre i loro genitori stanno seduti con
gli amici alle 2 “tavernas” del villaggio, che rimangono aperte
fino a tardi. Da giugno a settembre ci sono circa 5 eventi di musica
e ballo che durano l'intera nottata. È persino difficile trovare
parcheggio! Poi c'è il villaggio invernale. La popolazione si riduce
a circa 120 persone. Ci sono intere porzioni del villaggio dove
mancano residenti fissi e che quindi durante l'inverno rimangono
deserte, senza vita. Le “tavernas” tirano avanti con i pochi
affezionati, ma vendono pochissimo cibo e, inevitabilmente, finiscono
per chiudere presto. A differenza di quanto accade in estate,
d'inverno il paese è silenzioso. Il parcheggio non è più un
problema. È un posto completamente diverso.
C'è
un forte impegno da parte dei greci che durante l'estate vanno a
trovare coloro che sono nati e cresciuti nel villaggio. Spendono
soldi nella manutenzione delle case, pubblicano e distribuiscono a
tutti gli abitanti un giornale di 6 pagine che riporta notizie
relative sia agli emigrati che ai paesani, organizzano una festa
danzante e finanziano diversi progetti, come quello di restaurare i
punti di maggiore attrazione e di installare delle panchine vicino ai
belvedere. Ironia della sorte, nonostante rivestano una grande
importanza per il paese, essi rappresentano allo stesso tempo una
delle manifestazioni più evidenti di quello che oramai è diventato
un villaggio bi-stagionale.
Questo
modello diventerà probabilmente uno standard per una serie di luoghi
simili a Samo. Manolates, un villaggio montuoso nelle vicinanze, è
molto più sviluppato turisticamente di quanto non lo sia Ambelos,
con i suoi numerosi residenti d'estate ed anche visitatori
giornalieri. D'inverno il contrasto non potrebbe essere più
evidente, viste le strade deserte e le botteghe artigiane, le
gioiellerie e le case dei vacanzieri sprangate. I residenti sono
pochissimi e sproporzionatamente anziani. Il paese estivo e quello
invernale si differenziano in maniera scioccante.
Come
i villaggi diventano bi-stagionali, così accade a diversi aspetti
importanti dell'isola nel complesso. I collegamenti via aerea e via
mare sono ridotti e i voli charter sospesi tra la metà di ottobre e
l'inizio di maggio. Molte di quelle che sono considerate le “zone
calde” dell'isola durante l'estate, come ad esempio Kokari, in
inverno assumono l'aspetto di centri abbandonati, con intere vie di
negozi turistici, bar e locali con le saracinesche abbassate. Questa
non è una novità per Samo, ma l'austerità ha in qualche modo
accentuato il senso di isolamento e di fragilità. Il mio sospetto è
che ciò sia dovuto alla riduzione della stagione turistica, che
prima durava da aprile a ottobre ed ora va dalla metà di maggio alla
fine di agosto.
Villaggi
invernali
Non
c'è un piano territoriale che tenga conto dei possedimenti ad
Ambelos. Coloro che stanno cercando di vendere piccoli lotti di
terreno all'interno del villaggio e nelle sue vicinanze sperano di
poter attirare molti acquirenti dal Nord Europa disposti a spendere
una cifra dignitosa. I bisogni dei residenti e tutto ciò che si
richiede in termini di piani collettivi per il lavoro e le
opportunità non vengono tenuti in considerazione. Le poche case
vendute di recente sono andate tutte a persone che intendono
utilizzarle solo come residenze estive. Ciò evidentemente non
contribuisce a sanare il divario tra la stagione invernale e quella
estiva: la dura realtà è che per molti Ambelos può continuare ad
essere un posto solitario ed isolato durante i mesi invernali.
Non
ho mai visto raccogliere così tanta legna come quest'autunno. Ora
accade spesso di vedere mucchi di ceppi accatastati fuori dalle case,
alcuni sono stati comprati, altri raccolti nelle foreste dell'isola o
nei terreni privati. Che io ricordi l' unico nuovo negozio che abbia
aperto di recente – questa settimana – a Karlovassi vende stufe.
Al contrario di quanto accade in Inghilterra, dove i negozi di stufe
sono “trendy” e frequentati prevalentemente dal ceto sociale
medio-alto, qui non si tratta di dare un tocco chic alla propria
casa, bensì di avere di che scaldarsi, dato che la gente non può
più permettersi il petrolio per il riscaldamento. Qui avere una
stufa non fa “fashion”, è una strategia per
sopravvivere.
Tutto
ciò, insieme ad altre cose – come ad esempio la decisione presa
quest'inverno di aggiungere alle imposte già esistenti una tassa di
50 centesimi per ogni litro di olio ricavato dalla spremitura al
frantoio – sembra una cospirazione ai danni del villaggio. Ora ci
sono addirittura voci che il governo imporrà una sorta di imposta
fondiaria sia sugli oliveti che sui vigneti. Se questo provvedimento
verrà reso effettivo sarà un brutto colpo. Molti abitanti
semplicemente non hanno di che pagare queste tasse addizionali.
Non
ci vuole molto a capire che l'austerità e la recessione stanno
accentuando il divario tra il paese estivo e quello invernale. Non ci
sono più 2 aspetti equivalenti di Ambelos. Il villaggio invernale
diventa sempre più piccolo e sempre meno sostenibile, come un
bambino a cui vengono fatti indossare abiti troppo larghi. Non
passerà molto tempo prima che la Grecia si riduca a migliaia di
villaggi rurali abitati d'inverno da uno sparuto gruppo di residenti,
e d'estate stracolmi di turisti e visitatori.
E
poi?
Ovviamente
esistono delle alternative che possono consentire ad Ambelos e a
tutti gli altri villaggi rurali greci di diventare posti
meravigliosi, dove le persone si possono insediare e prosperare. Ma
esse sembrano così remote, raramente prese in considerazione. C'è
talmente tanta confusione attorno a quello che sta accadendo e a ciò
che deve ancora avvenire; la gente sembra ancora così scioccata e
turbata dai danni al suo benessere che non riesce a fare altro che
arrancare, giorno dopo giorno. Ma chi sa cosa succederà? L'insieme
di tutti questi fattori sta diventando sempre più deleterio di mese
in mese, e la gente continua a sentirsi dire che le cose possono solo
peggiorare. Ma è ancora difficile prevedere cosa accadrà. E'
probabile, ma non certo, che prima o poi si assista ad una rivolta
sociale di qualsiasi matrice. Le misure restrittive hanno già
superato la linea rossa che secondo alcuni commentatori avrebbe
dovuto portare ad eventi simili, ma in realtà essi non si sono mai
verificati, o almeno non con la portata e con le conseguenze
pronosticate. Detesto l'idea che l'unico interesse che qualcuno ha
nei confronti della Grecia sia quello di vedere fino a che punto una
società ed i suoi abitanti possono reggere alle pressioni prima che
qualcosa accada. Come tutti dovremmo sapere, un eccesso di pressione
causa delle esplosioni.
Forse
dovremmo prestare maggiore attenzione a ciò che dicono e fanno
coloro che sono fuggiti da realtà dilaniate dalle lotte e che ora
vivono in Grecia. Alcuni dei miei amici che provengono da questi
posti sono già partiti o stanno progettando di farlo non appena
possibile. La profonda ostilità dimostrata dallo Stato ed il
correlato rinforzamento del partito fascista di Alba Dorata li hanno
resi sempre più timorosi ed insicuri. Notano come le buone relazioni
fra cittadini si stiano sgretolando, deteriorando man mano che
l'austerità, diventando sempre più dura, rende la società greca
simile a quelle violente e in preda al disordine da cui sono fuggiti.
Ciò che vedono accadere oggi in Grecia – e che pensano accadrà
anche in futuro - , ovvero il passaggio dall'ordine al caos, la
nascita di focolai di resistenza e di protesta, è ciò che li
spaventa maggiormente. Molti dei rifugiati, come mi ha raccontato
Tariq, sono sopravvissuti grazie alla solidarietà ed all'aiuto dei
greci, ma non mi nasconde che, come peraltro confermano con decisione
i suoi amici, ciò che lui ha visto e vissuto è stata una generale
mancanza di solidarietà tra la gente, come ben dimostrano le gelosie
meschine ed il parlarsi alle spalle tra le persone che incontravano
nei caffè e nelle “tavernas”. I politici di sinistra non sono
meglio, dicono, sempre in balia di divisioni ed ostilità. Mi hanno
parlato di quanto poco i greci si fidino, e di come questa mancanza
di fiducia si trascini da anni segnati da rivalità e contrasti mai
risolti. Dal punto di vista dei rifugiati questo è il problema più
grave. Com'è possibile infatti opporre una resistenza costruttiva
senza un minimo di fiducia reciproca?
Fonte:
http://www.globalresearch.ca/the-social-onslaught-of-economic-austerity-on-rural-greece/5310349
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