martedì 2 ottobre 2012

Lo squallore dei fascisti in questo turbinoso 1922.


di Sergio di Cori Modigliani.

Il lapsus del titolo non è retorico, ma è reale.
Quando scrivo un mio post, l’input dell’ispirazione mi viene sempre da un fatto della cronaca, da notizie che ricevo dalla realtà, da qualche elemento della quotidianità che suscita in me una reazione istintiva. E prima viene sempre il titolo, che mi regala la sintesi del testo. Ieri stavo, per l’appunto, seduto a un bar a prendere un caffè, elaborando alcuni pensieri. Mi è venuto in mente il titolo e ho preso subito degli appunti, con la penna stilografica, in automatico, preso dai miei pensieri. Mi sono accorto che avevo scritto 1922 e il fatto mi ha colpito. Invece di correggere subito la data, mi sono fermato a riflettere e l’ho interpretato come un lapsus calami, evento al quale Freud attribuiva un significato decisivo, che si manifesta quando si è preda di un rigurgito emotivo istintivo.

E così, invece di scrivere il post, ho deciso di rimandarlo. Una volta a casa, ho scelto di fidarmi del mio inconscio, invece che considerarmi una persona distratta. Mi sono divertito ad andare in rete a spulciare negli archivi attendibili, per andare a vedere che cosa stava accadendo in Italia nel 1922, di che cosa parlavano, di che cosa discutevano, quali erano i temi collettivi di allora che appassionavano i nostri antenati di quattro generazioni fa. Soprattutto qual era il linguaggio usato, per cercare di comprendere quale fosse stato il meccanismo collettivo di consenso che aveva coagulato così tante simpatie ed appoggi al programma politico del socialista Benito Mussolini, “sovranista per eccellenza” come lui stesso si definiva allora. Fatta la tara di alcuni elementi inevitabilmente obsoleti, perché la struttura attuale della società italiana è molto cambiata ed è diversa da quella di 80 anni fa, sono rimasto davvero molto colpito da un numero di similitudini e accostamenti con l’attuale situazione italiana, in misura, direi, addirittura strabordante. Ma è stato il linguaggio usato allora, che mi ha colpito davvero.

Una modalità di approccio (e qui mi ripeto, riproponendo un post di qualche giorno fa) che in Italia non è stata mai nè affrontata, né discussa, né tantomeno elaborata, alchemizzata, e quindi superata, ragione per cui ci troviamo 80 anni dopo a vedercela, nella loro versione aggiornata post-moderna, con i fascisti di allora.
Qui intesi come sostantivo, ovverossia, gli eredi dell’ideologia sovranista nazional-socialista populista, che ha distrutto la nazione portandola allo sfracello. Un’idea della vita, dell’esistenza, e di conseguenza anche una modalità dell’attività politica e delle scelte economiche, che hanno bloccato ogni forma di modernità e di progresso, facendo arenare la nazione, costretta –da quel momento in poi- ad essere inevitabilmente serva di interessi terzi. Nelle decadi a seguire, i fascisti sono sempre stati in prima linea a fare il lavoro sporco per impedire il progresso del paese, alleandosi con la criminalità organizzata e con i servizi segreti stranieri per gestire una stagione di stragi e assassinii, iniziata con Portella delle ginestre in Sicilia, 60 anni fa, per proseguire con Enrico Mattei, Mauro de Mauro, Mino Pecorelli, Pio La Torre, Giuseppe Fava, due tentativi di golpe militare, la strage degli innocenti di Piazza Fontana, di Piazza della Loggia, del treno Italicus, della stazione di Bologna, il giornalista Siani, il generale Dalla Chiesa, per arrivare infine ai giudici Falcone e Borsellino.

E mi scuso per quelli non citati. A questa mattanza militare nostrana (tutta italiana) da sempre gestita dai fascisti, si è accompagnata una lenta espoliazione intellettuale del libero pensiero, a garanzia della tenuta economica della grande rendita fondiaria, aristocratica e oligarchica del paese. Non a caso, la stessa di oggi, degli anni’50, degli anni’60, ecc.
Le 200 più importanti famiglie italiane nel 1922 sono le stesse di oggi.
Era così nel 1952, era così nel 1962. Ma non era più così nel 1972, anno decisivo e fondamentale per tutto l’occidente, perché in Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna (e di conseguenza in tutte le loro colonie sudamericane) il gigantesco progresso economico mescolato al successo delle grandi conquiste sociali, stava –e in Italia per la prima volta dal 1861- modificando la spina dorsale del potere. Con la scusa della guerra fredda, la cupola oligarchica planetaria iniziò una campagna di destabilizzazione internazionale che nell’arretrato Sudamerica vide l’affermazione di dittature criminali efferate, ma che in Europa e in Usa, poco a poco, pur mantenendo l’apparente tenuta dell’assetto democratico, vide l’inizio costante di un processo di omologazione verso il basso, accompagnato da un sistematico, pianificato e voluto sistema di corruzione della classe politica, che ha avuto gioco facile nella compra-vendita di menti e anime colte, imbavagliando in maniera permanente le classi intellettuali, pronte e prone a servire il sovrano di turno.

La Spagna, questo passaggio epocale non lo ha vissuto, perché la penisola iberica è stata l’unica zona del continente europeo che ha attraversato l’intero arco degli anni’60 e ’70 senza vivere, vedere e sapere ciò che accadeva nel resto del continente e del mondo, una società totalmente chiusa, ingessata, e terrorizzata dalle autoritarie dittature criminali dei generali Salazar in Portogallo e Francisco Franco in Spagna. Quando alla fine degli anni’70 sia il Portogallo che la Spagna si liberano delle loro dittature ed entrano a pieno titolo tra le democrazie europee, inizia in quelle due nazioni, immediatamente, un fragoroso processo di consapevolezza collettiva. Per un decennio, in Spagna, si producono film, romanzi, saggi, documentari, editoriali, che ruotano tutti intorno al dibattito il cui tema principale è “perché siamo stati franchisti per 40 anni?”. In Italia (ma è comprensibile) di tutto ciò arriva poco o niente, era parte del loro psicodramma culturale nazionale, e a noi poco interessava Ma quei dieci anni di lacerazione hanno prodotto un sistema auto-immunitario di coscienza di popolo e di nazione in forma evoluta, finendo per partorire anche una classe dirigente e una classe intellettuale locale di pretta marca moderata e conservatrice ma allo stesso tempo solidamente anti-franchista e fortemente democratico-liberale: quella che in Italia non è mai nata. Da noi c’erano i fascisti. E non sono mai andati via.
Questa premessa era necessaria per introdurre la giornata di ieri nell’Europa mediterranea, che ha visto due teatri contrapposti e direi “specularmente identici in maniera capovolta a quelli del 1972”: a Madrid il popolo in piazza in massa, a Roma una modesta pattuglia di fascisti (qui intesi come sostantivo) alcuni a loro insaputa.
E’ una gigantesca differenza.
Con delle aggiunte, va da sé, tutte italiane.
Ed è questo il vero titolo del post odierno, sparato a caratteri cubitali sulla prima pagina del mio consueto quotidiano surrealista:
“A Roma i nazi-fascisti tentano di coagulare il disagio sociale, manipolando persone in buona fede, con il dichiarato intento di costruire un fronte antagonista di opposizione ma usando parole d’ordine, modalità e comportamenti del fascismo storico degli anni’30”
L’organizzazione “catena umana circondiamo il parlamento” è una organizzazione fascista (sostantivo) ben identificata, ben collaudata, che sta andando a situarsi nel Vuoto Culturale Perenne, approfittando della tragica latitanza degli intellettuali e delle menti pensanti italiane (troppo prese, ahinoi, dallo sfavillio farfalleggiante della loro continua e inutile presenza nei talk show televisivi e sulla stampa della cupola mediatica) e cerca di manipolare il disagio reale collettivo. Non a caso si insiste “a tambur battente” nel far passare la linea della omologazione del pensiero unico che abolisce la distinzione tra destra e sinistra. E’ un Falso.
L’intento, più o meno consapevole, è quello di appiattire il dibattito, di provocare caos sociale, di far passare il principio qualunquistico fascista dell’identificazione del sistema di corruzione attuale come elemento collettivo della nazione, senza operare dei distinguo, in modo tale da far passare il principio tale per cui “sono tutti corrotti e sono tutti ladri” il che equivale a dire che nessuno è corrotto e nessuno è ladro.

Perché il punto è il seguente: “come è possibile che le parole d’ordine della destra fascista (sostantivo) finiscano per essere le stesse di chi ha sempre combattuto e combatte contro il fascismo italiano?”.
E, ancora oltre: “è possibile davvero che si abbia lo stesso nemico?”
E, inoltre: “esiste una modalità di interpretazione tale per cui si possa comprendere la differenza?”.
La differenza si deve capire.
Il nemico è diverso. Come sempre. Da sempre.
Punto primo: mentre i fascisti sostengono “il nemico sono le banche”; gli anti-fascisti hanno molto chiaro in mente che le banche non sono affatto il nemico. Affatto. Non solo, ci aggiungo anche che “chi sostiene che le banche siano il nemico, è un fascista a sua insaputa”. Perché sostenere che le banche siano il nemico vuol dire ridurre lo scontro a un fattore economico-ragionieristico. Mentre, invece, lo scontro è e deve essere, squisitamente politico.

Il nemico è una classe politica dirigente di stampo fascista che non ha mai voluto, non vuole, e non vorrà mai che le banche lavorino sotto stretto controllo istituzionale del parlamento, dello Stato, il quale impone specifiche leggi che obbligano le banche ad una trasparenza sull’uso dei loro fondi e li obbliga (per Legge) a produrre credito alle imprese che lavorano sul territorio e producono merci.
“Perché è arrivato il momento di dire e chiarire una volta per tutti, che il popolo italiano ha il diritto di eseguire la propria assoluta, indomabile e incrollabile sovranità; quella idea di popolo che oggi ci viene negata dalle banche asservite ai poteri forti giudaico-massonici, sorretti da un parlamento che non è in più in grado di funzionare, che è inutile, che non serve, e che va abolito per dar vita alla luminosa rimonta del popolo in arme, ormai pronto ad assicurarsi il dispiego verso il nuovo orizzonte sociale che lo attende, garantiti dall’eroica presenza dei fasci da combattimento che davanti a nulla si fermeranno, mai” Benito Mussolini, 24 maggio 1924, nel suo discorso preparatorio quando spiega e annuncia l’inutilità del parlamento, la sua definitiva futura chiusura, e, di fronte alla ferrea opposizione del deputato socialista Giacomo Matteotti che in aula sta denunciando i brogli elettorali, dà l’ordine (eseguito) di farlo assassinare il 31 maggio 1924.

Il nemico è la criminalità organizzata che si è infilata dentro i partiti e si è fatta eleggere in parlamento per avere la garanzia che le banche avrebbero avuto semaforo verde per fare ciò che volevano senza nessuna forma di controllo: quello è il nemico in Italia.
Come mai tutti coloro che parlano sempre di fermiamo le banche, le banche sono il nemico, odio le banche, ecc., non parlano (e soprattutto non scrivono) mai una parola contro la criminalità organizzata? Facendo nomi e cognomi?

E’ molto facile prendersela con le banche: tutti oggi hanno bisogno di soldi.
E’ molto più complesso combattere e lottare affinchè il parlamento faccia varare delle ferree leggi che obblighino le banche a rispettare l’esigenza finanziaria degli imprenditori che creano lavoro e occupazione.
Non è vero che noi stiamo nelle mani delle banche.
Noi stiamo nelle mani di un gruppo molto ristretto di oligarchi finanziari che paga una classe politica corrotta affinchè garantisca loro l’esecuzione di un mercato libero da leggi, senza nessun controllo da parte dello stato. La banca è uno strumento, è un mediatore. Ciò che conta è –e deve essere- la collettività che fa le leggi: le promulga e, SOPRATTUTTO, si avvale di una classe politica e di una classe di funzionati governativi che provvedono a controllare che tali leggi vengano rispettate.
Il nemico, in Italia, non sono le banche.

Il nemico è la mancanza di quelle leggi che impediscono il consociativismo tra diversi istituti finanziari obbligandoli a non poter avere cariche cumulative. In questo modo si allargherebbe lo spettro della concorrenza e il sistema bancario si aprirebbe al mercato.
Se si fermano le banche, vince l’aristocrazia che senza banche può operare.
Il grande imprenditore Del Vecchio, in una bellissima intervista rilasciata qualche mese fa (sulla quale avevo fatto un post) ricordava come “il cancro dell’Italia è che non esiste più una classe di dirigenti bancari che fa gli interessi della banca stessa e finanzia le imprese, perché sono funzionari che non rispondono alle leggi dello stato e agli interessi dei loro azionisti, bensì seguono ordini che provengono dalle segreterie dei partiti. Quando, negli anni’70 ho capito che era arrivato il momento di espandermi, sono andato a parlare con il direttore della Banca Commerciale Italiana e gli ho detto che mi servivano svariate centinaia di milioni di dollari per andare all’attacco del mercato Usa. Mi chiese: fammi leggere il business plan. Mi chiamò e mi disse: l’abbiamo letto, può funzionare. E mi diede i soldi necessari che mi hanno permesso di conquistare il mercato mondiale”.

Del Vecchio parlava di quel dirigente bancario con nostalgia. Faceva intendere che oggi, persone del genere non esistono più, perché sono state sostituite da funzionari burocrati corrotti. L’obiettivo non è andare contro le banche. Ma fare in modo che le banche funzionino per chi lavora e non soltanto per chi ricicla.
Punto secondo: come si fa a capire quando parlano i fascisti (sostantivo e aggettivo) essendo oggi il sistema dello scambio linguistico omologato e appiattito?
La discriminante dovrebbe essere la comportamentalità e l’uso del linguaggio.
I gruppi fascisti che hanno organizzato la cosiddetta catena umana intorno al parlamento hanno una pagina su fb dove molti, come me, avevano messo un “mi piace” distratto (non ricordo, infatti, quando l’ho fatto), forse attratti da un post condivisibile (la cosa inquietante che mi ha indotto a queste riflessioni) su una pagina anonima come tante altre su fb. Ricordo, però, molto bene, perché mi colpirono, i toni usati alla fine di luglio, quando il tentativo di organizzare la stessa manifestazione fallì miseramente. Questa volta idem. Hanno pubblicato l’immagine di un gregge di pecore per insultare chi non aderiva alla manifestazione.
La discriminante è tra chi pratica la comprensione umana, la solidarietà tra simili e coloro che, invece, si ritengono migliori della massa che merita invece disprezzo.

Un’altra discriminante è la trasformazione di qualsivoglia forma di teoria in un evento che ben presto diventa un totem religioso, e che in pratica, nel sociale, si traduce nella impossibilità di dialogo e/o confronto: o si è d’accordo o si è inferiori.
Eccone alcuni attivissimi in rete:
“Lo sviluppo.it”
“Pas-fermiamolebanche.it”
“Marra.it”
“Signoraggio,it”
“Salvatore Tamburro”
“la scala di cristallo”
“Fronte di liberazione dei banchieri”
“Lega Italica”
“Regione Capitanata”
“Padre Pio”
“Il complotto”

Molti di questi siti si sono organizzati accorpandosi. Un certo Salvatore Tamburro (uno dei leader fascisti) si presenta come un fiero sostenitore di Keynes e della MMT. Nel suo sito i commentatori ci spiegano la necessità di eliminare presto gli ebrei dall’Europa, veri responsabili dell’attuale sconquasso, e le ragioni di base per cui la libertà in Europa passa attraverso la loro eliminazione. Recentemente ha pubblicato due lunghi articoli, uno dal titolo “Istituzione dei campi di concentramento dei banchieri” (sempre nel nome di Keynes) e l’altro, invece “Hitler e Chavez” con l’intento di far presa sull’elettorato italiano venezuelano, molto alto, presentando il leader venezuelano come un nazista.
Sia chiaro che il sottoscritto non auspicherà mai l’apertura di campi di concentramento per rinchiuderci nessuno.
Se qualcuno è contento all’idea livorosa di lanciare i campi di concentramento è meglio che non frequenti questo blog.

Tutti questi gruppi dichiarano (di solito in alto a destra) che “non più destra non più sinistra non più etichette ma solo movimento di lotta diretta per colpire l’oligarchia del privilegio che si manifesta nel rito del voto”. Il linguaggio è chiaramente fascista, perchè per loro è sempre reiterativo e ossessivo sia il richiamo alla ritualità e ai simboli sia quello che deve spingere a non votare, a considerare il parlamento come un luogo da eliminare e da abolire.
Questi siti di destra si sono impossessati dei miei articoli e alcuni li pubblicano senza far riferimento alla fonte originaria del mio blog; in tal modo, la mia firma viene presentata come automatica adesione ai loro programmi, facendo intendere, in maniera surrettizia, che condividiamo la stessa idea.

Questi blog e siti hanno, pare, una gestione comune legata all’avvocato Marra, a Sara Tommasi e a Scilipoti. Non a caso, le poche volte che parlano di politica, fanno intendere che Berlusconi è il candidato migliore, presentato di recente come il nuovo vate della politica keynesiana, nemico giurato dell’euro e nemico delle banche.
Invito tutti a una riflessione e, in conclusione, aggiungo un mio fatto personale con i fascisti, perché sia chiara la mia posizione di netta distanza, di opposizione totale e perenne.
Siamo su fronti opposti e lo saremo sempre. E non voglio essere mescolato a gente del genere, di cui denuncio qui la loro perdurante attività di falsificazione e di continuo ladrocinio dei miei post. Lo faccio qui in pubblico per dare ai lettori la possibilità di andare a vedere questi siti e rendersi conto come oggi i fascisti si stanno organizzando.
Non fatevi incantare dagli slogan e dallo schieramento keynesiano.

I fascisti, sono sempre fascisti. And nothing more.




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