mercoledì 8 agosto 2012

Ritratto di umana follia.


L'economia non è altro che una teoria che viene realizzata. E' l'interazione dei soggetti coinvolti nella realizzazione pratica di tale teoria che determina la realtà storica di una data società.

La vita è diventata come uno sportello delle Poste.
Un vetro che ci divide dall'altro ed una fessura sotto cui far passare il denaro.
E' quello l'unico contatto che ci è permesso.





L'idea del profitto è l'idea che sta affossando l'umanità nel baratro delle sue egoistiche illusioni.
Un mondo dominato dal profitto non può essere un mondo razionale, perchè il profitto non è razionale. Sembra esserlo ma non lo è. La razionalità del profitto è l'egoismo, che esclude i concetti di bene comune, di condivisione, di solidarietà, di benessere, di collettività.
Il profitto rappresenta la campana a morto della pietà umana e della sua grande meraviglia.
A ben guardare il profitto non è nemmeno un concetto economico. Il termine OIKONOMIA, che viene dal greco, vuol dire letteralmente “amministrazione delle cose domestiche”. Nell'amministrazione delle ricchezze domestiche non può esistere il profitto, ma al massimo una spesa, un risparmio e un investimento. Il profitto è avulso da questo contesto. Ed è avulso fintanto che il bene della casa viene messo al primo posto ed in secondo piano gli interessi individuali dei singoli inquilini.
E' per questo motivo che una oikonomia basata sul profitto, come quella nella quale viviamo, è una devianza. Perchè un guadagno, un profitto, viene sempre fatto a discapito di qualcuno. Nell'economia dello scambio (di mercato) quando qualcuno guadagna, c'è sempre (sempre!) qualcuno che perde. Non può esistere un profitto senza una perdita.
Il profitto è letteralmente un furto. Nel nostro mondo economico, purtroppo, legale.
E' furto di risorse che dovrebbero essere comuni, è furto di futuro, di speranza, di umanità.
La logica del profitto, che non è mai logica universale, impone determinate regole e condotte capaci di generare una miriade di conseguenze drammatiche.
La logica del profitto è quella che spinge un deviante a compiere un atto di barbarie per appropriarsi di un bottino (in ultima istanza un profitto), ma è anche quella che permette ad un investitore o ad un manager di preferire di non rispettare una regola ambientale piuttosto che penale per massimizzare la propria quota di guadagno. E' la logica che impone la messa al bando di tutte quegli avanzamenti tecnologici contrari ai detentori di tecnologie concorrenti ma più dannose (vedi pesticidi, energia, ricerca medica ecc.). E', alla fin fine, la logica che frena il progresso e l'evoluzione umana.
La logica economica del profitto ha svolto il suo ruolo storico nello sviluppo delle forze produttive mondiali fintanto che l'accesso alle risorse e le competenze tecniche erano limitate. Sono ormai decenni che questo ruolo si è esaurito. Ed è un assoluto sacrilegio continuare ad affidare ad una logica produttiva (e sociale) vecchia di secoli il futuro dell'umanità.
Cosa può esserci di positivo in una logica che determina la necessità di una crescita economica illimitata per rendere possibile il suo perpetuamento?
Come può essere razionale un sistema che regola il suo sviluppo sulla crescita ad infitum sulla base di un mondo finito di risorse e di spazio?
C'è qualcosa che non funziona.
E credo che un po' tutti ce ne accorgiamo.
Intuisci qualcosa che non riesci a spiegarti. Senti solo che c'è. E' tutta la vita che hai la sensazione che ci sia qualcosa che non quadra nel mondo. Non sai bene di che si tratta, ma l'avverti. E' un chiodo fisso nel cervello. Da diventarci matto” (dialogo tratto dal film “Matrix”).
E' vero. Abbiamo tutti la sensazione che qualcuno, in qualche modo, ci stia fregando.
Non ci rendiamo conto però che in realtà a fregarci siamo l'un l'altro.

(Francesco Salistrari)

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