giovedì 3 maggio 2012

Una nuova Riforma Protestante.



Ormai si è capito.
Anche i politici l'hanno capito.
La rete è uno strumento eccezionale di democrazia dal basso. Garantisce contatti e scambi di informazione impensabili solo vent'anni fa. Garantisce alla gente di potersi confrontare, senza intermediari, senza censura. Rappresenta un potenziale immenso di aggregazione intorno ad un nucleo di valori e proposte capaci di indirizzare il corso della politica, quella alta, democratica, nella direzione giusta. La rete è il luogo della non elezione. Dove ognuno conta davvero uno e può esprimere liberamente le proprie opinioni. E da la possibilità a chiunque di accedere alla conoscenza senza il filtro dei media.
I media (dal latino “medium”), sono un inframezzo, un “punto di mezzo” tra i cittadini e la conoscenza. E se i media ufficiali sono di proprietà di grandi gruppi bancari, finanziari e politici, come possono garantire l'obiettività delle notizie “mediate”? Come possono garantire al cittadino di usufruire di una informazione completa, imparziale, onesta se chi fa informazione è al libro paga di chi ha tutto l'interesse a informare male e capziosamente la pubblica opinione?
Ed ecco la funzione fondamentale della rete. Degli stessi social network. Del mondo dei blog.
Certamente anche sulla rete esistono malainformazione, fake, notizie false. Ma la coscienza democratica di massa che si esprime in rete è in grado di dividere il grano dall'oglio con una facilità impossibile con i media tradizionali. Perchè in rete tutto rimane. Tutto è rintracciabile. Tutto è comparabile. Verificabile. E gli strumenti che offre, garantiscono a chiunque di formarsi un'opinione in piena libertà e in piena autonomia.
La rete è la Riforma Protestante della modernità.
Non c'è più la mediazione ecclesiastica nel contatto con Dio.
E la Chiesa del mondo moderno, l'informazione, sta crollando.
E qui arrivano i problemi.
Perchè statene certi, la rete sarà messa sotto accusa. Sarà demonizzata (come già lo è) dalla cultura ufficiale, dalla politica, dal mondo degli affari, dal mondo che ne subisce la prepotente democraticità.
Esiste un mondo nel mondo che è profondamente antidemocratico e nel nostro paese è una realtà con la quale ci scontriamo da centinaia di anni. La voracità predatoria e criminale delle nostre classi dirigenti è un dato storico dal quale non si può prescindere per comprendere i rischi che corre non solo la democrazia formale nel nostro paese, ma la libertà reale degli italiani. E come accadde già in passato, potremmo diventare il laboratorio mondiale di nuove soluzioni del potere per far fronte alla marea montante del malcontento e dell'autorganizzazione dal basso dei cittadini.
La rete verrà messa all'indice, prima o poi. Anche da questo stesso governo se nell'avvicinarsi dell'appuntamento elettorale le cose dovessero precipitare. E i rischi per la democrazia, anzi per questa nuova fetta ritrovata di democrazia, per la conquista di uno spazio di libertà che si chiama internet, sono altissimi.
Dobbiamo prepararci ad un attacco frontale (e dall'interno) ai meccanismi della rete. Dobbiamo attenderci una limitazione prepotente alle potenzialità democratiche dello strumento rappresentato dalla rete.
Già in un passato non troppo lontano le proposte legislative per la limitazione della libertà in rete si sono fatte avanti con prepotenza. Fino a questo momento non sono andate a buon segno. Ma gli attacchi continueranno e via via che la situazione diventerà più critica e complicata da gestire per le classi dirigenti, saranno sempre più drastiche.
Dobbiamo essere pronti.
Dobbiamo esser capaci di trasferire la rete virtuale anche nel reale. Coinvolgere a pieno titolo chi la rete ancora non la usa. Legare i movimenti. Diventare un fronte compatto. Un muro umano contro il quale la protervia e l'arroganza di questo potere non potrà fare altro che scontrarsi e rischiare l'annichilimento.
Per una ragione molto semplice.
Noi, siamo la maggioranza assoluta del popolo italiano... e mondiale.
Non sono i popoli a dover aver paura dei propri governi, ma i governi che devono aver paura dei propri popoli” (T.Jefferson)

©Francesco Salistrari


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