Ricordo.
Ricordo una giornata di settembre.
Ricordo un cambio dalla panchina.
Il vecchio e astuto Trapattoni
che chiama Ravanelli e inserisce questo ragazzino smilzo. E mi
domando, ma chi è?
E bastano 38 secondi a capire chi
fosse!
Perchè Alessandro Del Piero,
Conegliano 9 novembre 1974, alla prima palla che tocca su un invito
di Di Livio la mette in rete.
Fu quel giorno che mi innamorai di Del
Piero.
Una leggenda. Un campione assoluto del
calcio. Quello con la “C” maiuscola.
Da quel settembre 1993, ancora bambino,
crescemmo insieme tifando Juve. Io da casa, allo Stadio, con gli
amici, lui in campo, negli stadi, in giro per il mondo, con i suoi
compagni di squadra, record dopo record.
Ricordo.
Ricordo i momenti più belli. I suoi
goal da fantascienza. Le sue esultanze. La sua determinazione.
Ricordo ogni partita, ogni momento
vissuto “con” lui.
Ricordo il suo terribile infortunio a
Udine, i nove mesi di lunga attesa per vederlo nuovamente in
campo. E ricordo le parole dei gufi, dei detrattori, di chi criticava
il giocatore per partito preso, di chi odiava la Juventus e
quindi il suo simbolo, il suo campioncino che a soli 23 anni aveva
già vinto tutto. Ricordo le parole “è finito”, “non si
riprenderà” dopo gli avvii stentati del dopo infortunio. Un
infortunio dal quale (rottura dei legamenti del ginocchio) tutti,
addetti ai lavori e non, sanno benissimo quanto sia difficile e
faticoso riprendersi. Quanto importante sia il fattore psicologico,
quanto determinante la “paura” di rifarsi male, quanto difficile
ricominciare a fare movimenti che prima erano perfettamente naturali
e che dopo sembrano troppo complicati.
Eppure io ero lì. Sulla mia solita
poltrona. Ad attenderlo. Insieme a tutti i suoi tifosi. Alla faccia
di tutti quelli che lo criticavano. Ad ogni prestazione scadente. Ad
ogni goal sbagliato. Ad ogni errore. Anche ad ogni sfortuna.
E nessuno mai che abbia sottolineato
come proprio l'infortunio di Del Piero abbia coinciso con il calo delle
prestazioni di tutta la Juventus, che senza il suo campione stentava
a vincere e a convincere. Nessuno che ammettesse l'immensità di un
calciatore, ancora giovanissimo, così determinante, un patrimonio
del calcio italiano.
Nessuno che abbia mai notato come nelle
stagioni in cui Del Piero si infortunò (ad esempio nuovamente nel
2003 quando stette lontano dai campi per mesi) la Juventus fallì i
suoi obiettivi. E come anche in quel caso l'allenatore simbolo di
quella Juve, Marcello Lippi, proprio colui che scelse Del
Piero e cedette Baggio (un altro gigante assoluto del nostro
calcio), decise proprio in quelle stagioni di lasciare la squadra.
Quasi come se si rifiutasse di allenare la Juve senza Del Piero.
Senza il suo campione.
Senza colui il quale accendeva una
partita con un colpo di genio in un momento. Che decideva le sorti di
interi campionati. Che risultava determinante come pochi giocatori al
mondo.
Eppure qualcuno sempre a storcere il
naso.
Eppure sempre qualcuno a mettere subito
dopo il nome di Del Piero un “ma”.
Del Piero è una caso davvero strano
del calcio italiano. Un caso anomalo.
Si perchè in Italia giocatori meno
forti e meno determinanti di Del Piero, sono stati esaltati e
osannati non solo dai propri tifosi (giustamente!) ma dai giornali,
dagli addetti ai lavori, in maniera esagerata rispetto a Del Piero.
Se un PincoPallino qualunque segnava di
tacco, tutti a tirarsi giù il cappello e a esaltare il gesto
tecnico. Se segnava Del Piero di tacco (goal meravigliosi) ecco
sempre qualcuno pronto a dire “eh ma non l'ha toccata”
(goal nel derby) o “ma è un goal inutile” (finale di
champions contro il Borussia Dortmund). Come se Del Piero fino a quel
momento non avesse mai segnato goal decisivi nelle partite che
contano davvero!
Mai nessuno che apprezzasse il gesto in
sé, senza porre il solito, noioso “ma”.
Come quando a testa china e con umiltà
incredibile, insieme ad altri campioni del mondo e palloni d'oro,
disputò il campionato di Serie B dopo lo sfacelo di “calciopoli”
e si laureò capocannoniere della serie (portando la sua Juve
in Serie A). Nessuno che abbia detto, è stato meraviglioso. E' stato
esemplare. Un campione della sua grandezza che gioca con impegno
assoluto un campionato intero (35 presenze su 42 e 20 goal),
con la cattiveria, la rabbia e la determinazione delle partite che
contano. Nessuno. Ma i soliti accanimenti.
Diventa capocannoniere e tutti a dire
“eh vabbè, ma era Serie B!”.
E Del Piero (ed io insieme a lui) in
silenzio, senza mai scomporsi, senza mai ribattere niente. Perchè
aveva solo un modo per ribattere alle critiche ingiuste, agli
attacchi volgari.
Il campo.
E nell'anno successivo alla Serie B
ecco la risposta. Dirompente. Straordinaria. Come solo un campione
straordinario come lui può dare: capocannoniere della Serie A con
22 reti.
Tutti zitti?
Macchè.
Alex Del Piero. Indiscutibilmente uno
dei più grandi giocatori di tutti i tempi. Eppur pochi lo
riconoscono.
Ed è una cosa che non mi so spiegare.
Che non capisco. Che non posso accettare.
Un giocatore che a 38 anni, segna
ancora goal decisivi (quello alla Lazio di quest'anno per esempio) e,
di fatto, regala lo scudetto, l'ennesimo, alla Juventus. Un giocatore
che è secondo nella classifica di tutti i tempi per reti segnate
nelle competizioni europee. Un giocatore che è terzo in classifica
dei cannonieri italiani di tutti i tempi (328 goal).
Un campione che ha vinto praticamente
tutto (tranne l'Europeo con la nazionale).
Un esempio di correttezza, di lealtà
sportiva, di gentilezza ed eleganza.
Mai fuori dalle righe. Mai un gesto
violento in campo. Mai un cartellino rosso diretto.
Eppure è stato (ed è) anche il
giocatore più criticato, denigrato, attaccato, insultato, deriso.
Un mistero.
Un qualcosa di assolutamente
inspiegabile (e inaccettabile).
Una ferocia incredibile nei confronti
di un campione assoluto. Ed ogni parola è superflua per deprecare un
simile trattamento.
Perchè è impensabile che a un
giocatore come Del Piero non venga riconosciuto il posto che merita
nell'olimpo dei campioni. Lì, a fianco di gente come Maradona,
Pelè, Cruyff, Zidane, Baggio, Di
Stefano, Giggs, Pirlo, Seedorf, Nesta,
Baresi, Scirea e tanti, tanti altri.
Un riconoscimento negato solo in
Italia.
Perchè all'estero Del Piero è visto
per quello che è.
E se segna una doppietta al “Bernabeu”,
dopo una partita superba, ed esce sostituito a pochi minuti dalla fine,
tutto lo Stadio si alza in piedi ed applaude.
In Italia non è mai successo.
Chissà come mai.
Chissà perchè l'Italia è un paese
così poco obiettivo.
Ma Del Piero aspetterà in silenzio il
giorno in cui si riprenderà la sua rivincita.
Come sempre ha fatto.
E con il suo sorriso dolce e un po'
canzonatorio, dalla sua poltrona (ed io insieme a lui, come sempre)
ascolterà i vari giornalisti e commentatori, rimpiangere
(amaramente) di non vederlo più in campo.
Perchè il calcio, senza Del Piero, non
sarà più lo stesso.
Ve lo posso garantire.
(Francesco Salistrari)
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