giovedì 17 settembre 2009

Lettere dal carcere di Pavia.


di Doriana Goracci

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Allego il testo da me personalmente trascritto, di due lettere autografe che mi sono pervenute per posta privata e con mailing list ma che non ho capacità tecnica di allegare e sicuramente qualcuno l’avrà già fatto o lo farà. La prima è la testimonianza dei detenuti della Prima Sezione di Pavia, compagni di cella di Sami Mbarka Ben Garci , l’altra già ieri circolata sulla stampa, parzialmente o integralmente. Per finire l’articolo dettagliato della Provincia Pavese.

Vi prego di diffondere. Non “scendiamo nel gorgo muti”.

Verrà la morte e ha avuto i loro occhi.

Doriana Goracci

p.s. ho trovato ora dei “dettagli” in proposito su CNR MEDIA

http://it.peacereporter.net/upload/1/18/186/1869.jpg

Egregio signor Avvocato! noi detenuti della 1a abbiamo assistito alla lunga agonia del suo povero cliente, una morte lenta e umiliante. Sicuramente non pagherà nessuno per questa morte, ma le assicuriamo che si poteva evitare benissimo, bastava un pizzico di umanità in più.Era diventato come un prigioniero nei campi di concentramento vomitava acidi e sveniva davanti agli occhi di tutti veniva aiutato da noi detenuti per fare la doccia altrimenti poteva morire nel suo vomito!
Ma non è stato fatto assolutamente niente tranne che lasciarlo morire nella sua cella sotto gli occhi del compagno che più di tutti ha visto spegnersi un essere umano!! La preghiamo vivamente di non arrendersi alle falsità che le verranno dette perchè il suo povero cliente è stato lasciato morire sotto gli occhi di tutti noi!
Prima di lui si è impiccato un altro ragazzo seminfermo e invalido al 75% dopo averlo riempito di sedativi e spedito a San Vittore. Il padre di questo povero ragazzo ha denunciato la sua storia su Rai 3 nel programma di Tirabella accusando il carcere di Pavia di aver lasciato morire il proprio figlio!! La preghiamo di andare fino in fondo con la speranza che non succeda mai più che delle vite umane diano uno spettacolo di un campo di concentramento finchè non si spengono nella più totale indifferenza. Sarebbe una bella e giusta cosa se l’Indagine che verrà fatta si arricchisse anche delle testimonianze dei detenuti della 1a sezione. Le porgiamo i nostri più sinceri saluti

I detenuti della 1a sezione di Pavia!


Ciao Amore speriamo che tu stia bene tanti auguri x il Ramadan speriamo che ti porta fortuna e tanti auguri alla tua famiglia per il ramadan e tanti auguri a tutto il mondo mussulmano x il Ramadan, io sto morendo sono dimagrito troppo, credimi non riesco neanche ad alzarmi dal letto, spero Dio che fai presto Amore mio ma no dirlo a mia madre, bisogna accettare il destino, io ho ricevuto la tua lettera ti dico che mi dispiace iolosciopero non lo tolgo di questa vita a me non me ne frega niente STO MORENDO!!! SAMI


PAVIA, LO SCIOPERO DELLA FAME FATALE AL DETENUTO TUNISINO
Detenuto morto, ultimi giorni dentro e fuori dall’ospedale
Novantasei ore di odissea prima di morire. Lo psichiatra lo aveva rimandato in carcere
PAVIA. Cinque giorni sospeso nel limbo della burocrazia, in attesa che si trovasse la forma di ricovero e di
cura più adeguata. Nel frattempo Sami Mbarka Ben Garci, il tunisino di 42 anni detenuto a Torre del Gallo,
che aveva ingaggiato da un mese e mezzo uno sciopero della fame estremo, è morto. Tre giorni dopo che il
sindaco di Pavia aveva firmato il trattamento sanitario obbligatorio. L’inchiesta avviata dalla Procura di Pavia
dovrà fare luce sugli accadimenti dei suoi ultimi giorni di vita. E sulle eventali responsabilità. Gli atti sono
ancora coperti da segreto, ma tra le carte ci sono parecchi punti da chiarire.
La richiesta di aiuto. Alla fine del mese di agosto, il medico del carcere, Pasquale Alecci, segnala il
problema al magistrato di sorveglianza, Marco Odorisio, e all’amministrazione penitenziaria. Il detenuto non
mangia cibi solidi da quasi 40 giorni. Beve, da quanto riferisce lo stesso detenuto, solo acqua e zucchero. E’
dimagrito 21 chili e non si regge in piedi, ma è lucido e determinato nella scelta di portare avanti una forma di
protesta contro una condanna ritenuta ingiusta. Anche a rischio della propria vita. Il medico prima, e il
magistrato di sorveglianza poi, chiedono al Ministero di intervenire, disponendo il ricovero del tunisino in una
struttura adeguata. Per la precisione, un centro diagnostico terapeutico attrezzato per il ricovero dei detenuti.
L’ospedale San Paolo, ad esempio, che ha un reparto apposito. E anche l’istituto penitenziario di Opera è
attrezzato.
La visita psichiatrica. Il primo settembre, in attesa che si chiarisca la faccenda del ricovero, il detenuto
tunisino viene portato in ospedale d’urgenza. Sta molto male, e Torre del Gallo non ha un presidio sanitario
adeguatamente attrezzato. Tanto più che, a quanto pare, da un paio di settimane mancano nel carcere sia il
cardiologo che lo psichiatra. Il tunisino arriva in ospedale ma rifiuta le cure. Viene visitato da uno psichiatra,
che lo trova lucido e capace di intendere e volere. Per il medico non esistono gli estremi per un trattamento
sanitario obbligatorio. Il detenuto torna in carcere a Pavia.
La risposta del Ministero. Il 2 settembre il Ministero risponde alla richiesta del magistrato di sorveglianza,
ma non ritiene necessario trasferire il detenuto in un centro diagnostico terapeutico dell’amministrazione. Il
“rifiuto” è motivato dal fatto che non esisterebbero, in Italia, centri clinici penitenziari adatti a curare un
detenuto che sia in sciopero della fame. Il Ministero invita a tenere sotto controllo il detenuto, per evitare che
commetta gesti estremi, valutando anche la possibilità di un trattamento sanitario obbligatorio. Il giorno
stesso il sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo firma il Tso.
La decisione del magistrato. E’ sempre del 2 settembre il provvedimento del magistrato che, dopo la
risposta del Ministero, dispone il ricovero in una struttura esterna all’a mministrazione penitenziaria. Nel caso
specifico, il Policlinico San Matteo. Il magistrato, che agisce con tempestività, dice anche di non condividere
la decisione del Ministero, visto che l’o biettivo del ricovero di un detenuto che è in sciopero della fame non è
tanto quello della cura, secondo il magistrato, bensì la possibilità di intervenire subito nel caso di un
aggravamento delle condizioni cliniche del paziente.
I ritardi. Il detenuto entra in ospedale, al San Matteo, il 3 settembre. Se vi sia stato un ritardo (lo sciopero
della fame inizia il 17 luglio, ma a metà agosto le condizioni del tunisino sono già preoccupanti) sarà la
magistratura ad accertarlo. Fatto sta che il 4 settembre le sue condizioni invece di migliorare si aggravano. Il
paziente è sottoposto a terapia medica (il diario clinico è sotto sequestro, quindi non è possibile sapere i
dettagli della cartella) e sorvegliato. Ma nella notte del 5, alle 3,45, il detenuto muore. Dopo cinque giorni
frenetici. Una fretta che non è bastata a salvargli la vita.
(15 settembre 2009)
http://laprovinciapavese.gelocal.it/dettaglio/detenuto-morto-ultimi-giorni-dentro-e-fuori-dall’ospedale/1721237



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