domenica 6 settembre 2009

Demos Crazia: Governo del Popolo.


La democrazia italiana.

Un fatto assodato.

Viviamo in una delle “grandi” democrazie occidentali, si dice dal dopoguerra ad oggi. In uno dei paesi più ricchi e industrializzati del mondo. Siamo la 6a potenza del mondo, almeno così qualcuno dice.

Non voglio entrare nelle questioni “economiche” di queste classifiche stilate in base a criteri alquanto discutibili (è infatti esclusa da queste classifiche la Cina, pensa te!). Voglio invece concentrarmi sull'aspetto più importante: la democrazia. Ovvero la democraticità del nostro sistema.

Siamo davvero un paese democratico?

Tutti rispondo di si. Ma io non ne sono così sicuro.

Analizzando la storia repubblicana ci sono degli episodi molto significativi che mettono in dubbio questo presupposto. Esistono delle “storie” della nostra Italia molto particolari, ammantate da un velo di mistero e di segretezza, torbidi episodi che hanno messo a dura prova la democraticità del nostro sistema, che in alcuni casi hanno svuotato l'essenza stessa della nostra democrazia finendo per farla diventare più un'esposizione di principio che non una realtà concreta.

Ve ne vorrei raccontare uno. Il primo governo De Gasperi, il primo esecutivo repubblicano dopo l'esperienza totalitaria fascista e la tragedia della Guerra. Si veniva da una situazione molto particolare ed il referendum Repubblica/Monarchia aveva sancito la nascita della nostra repubblica in un clima di conciliazione nazionale, di collaborazione tra le varie forze democratiche e antifasciste presenti nel paese e artefici della guerra di liberazione dall'occupazione nazista. Era nata la Costituzione dal compromesso tra i valori cattolici e socialisti, espressione delle varie forze presenti nell'Assemblea Costituente.

Ma alla formazione del primo governo ecco i primi seri problemi. Innanzitutto proprio nelle elezioni stesse. Esistono ormai riconosciuti studi storici che hanno accertato come le elezioni del 1948 in Italia furono truccate a favore della Democrazia Cristiana e dei partiti di Centro-Destra a danno del “Fronte Popolare” che univa i maggiori partiti dell'allora Sinistra italiana (PCI, PSI). Esistono documentate situazioni di pressioni operate a livello locale sugli elettori, minacce, maneggi nei conteggi delle schede, annullamenti sospetti delle stesse. Non entro qui nel merito della campagna elettorale precedente al voto che ha visto la DC, grazie al radicamento sociale delle ACLI, imbastire il confronto elettorale nei termini di uno scontro Bene/Male tra il Cristianesimo e l'Ateismo Comunista.

Aldilà di questo, infatti, appurati i brogli elettorali anche nello scrutinio dei voti, c'è da sottolineare un aspetto molto importate, sintomatico del “clima” nel quale furono affrontate le prime libere elezioni dal 1922 nel nostro paese.

I partiti di centro erano appoggiati, naturalmente, dagli USA che avevano “promesso” sostanziosi aiuti alla ricostruzione e che già cominciavano ad arrivare (“Piano Marshall”) e sarebbero proseguiti qualora alle elezioni fosse risultata vincente la coalizione di Centro e fossero stati allontanati dal potere i partiti di Sinistra. Se questa eventualità non si sarebbe verificata, agli americani sarebbe rimasta la possibilità di un vero e proprio intervento militare. Fu rafforzata la flotta statunitense nel Mediterraneo e nelle settimane precedenti il voto gettarono le ancore nei maggiori porti italiani navi da guerra americane. Qualora il “Fronte Popolare” avesse vinto le elezioni, era stato preparato un dettagliato piano di invasione del territorio italiano e l'instaurazione di un governo provvisorio dittatoriale guidato dall'esercito statunitense con la collaborazione di quello italiano.

Ecco, dunque, come mosse i suoi primi passi la neonata democrazia italiana.

Una precisazione a questo punto, però è d'obbligo. Non bisogna infatti dimenticare che l'Italia faceva parte di quei paesi che avevano perso la guerra e quindi, in base agli accordi stilati a Yalta tra USA e URSS per la spartizione delle rispettive “zone di influenza”, l'Italia era stata assegnata al blocco occidentale. Appare chiaro quindi, come, una vittoria delle sinistre alle elezioni del 1948 in Italia non era assolutamente possibile. Il caso della Grecia e della cd. “dittatura dei Colonnelli” ne è l'esempio principale.

Fortunatamente le elezioni le vinse la DC e il colpo di Stato venne scongiurato.

Dunque queste le premesse della nostra democrazia.

In pratica il popolo italiano, da quel momento in poi, non ha mai avuto la possibilità di scegliersi liberamente i propri governi. Grazie a quella che è passata alla storia come “conventio ad excludendum”, garanzia voluta fortemente dagli americani, le forze di sinistra furono completamente esautorate da qualsiasi responsabilità di Governo e questo nella totalità delle istituzioni rappresentative fino all'entrata in funzione delle Regioni e della Corte Costituzionale. In realtà quella che fu denominata l'anomalia italiana era propriamente questa. L'Italia infatti presentava un sistema democratico classicamente occidentale, ma senza l'alternanza di governo. La Sinistra italiana fu completamente estromessa dal governo del paese, pur potendo potenzialmente presentarne i numeri elettorali, per decenni fino a quando il PSI, dopo l'abiura del marxismo come programma politico di riferimento, non lo avvicinò all'area governativa e non furono formati i primi governi cosiddetti di centrosinistra. La “conventio ad excludendum”, rappresentò a livello costituzionale un’anomalia del sistema che ne caratterizzerà e ne indirizzerà in maniera decisiva l’evoluzione, il funzionamento ed in definitiva la democraticità.

L’osteggiamento nei confronti del PCI e della sua pretesa di prendere il potere in Italia per via rivoluzionaria, rappresentava, dal punto di vista degli equilibri di Yalta, una necessità e una prerogativa sacrosanta per il sistema politico e militare italiano e la salvaguardia del sistema repubblicano democratico, del sistema rappresentativo, conquistati con il sangue della resistenza all’occupazione nazifascista, era una priorità irrinunciabile per una paese inserito nel contesto occidentale. Ma la fortissima resistenza alla “presa” del potere per via legale da parte di un partito comunista, rappresenta qualcosa di più della difesa del sistema democratico e dell'economia di mercato in senso largo, rappresenta in altri termini una pregiudiziale politica di enorme portata ed una limitazione del diritto democratico di un popolo nel suo complesso a scegliersi i propri rappresentanti. Il partito comunista, che tra l’altro aveva contribuito fattivamente e decisivamente alla costruzione delle repubblica sia nella resistenza, sia nei primissimi governi di unità nazionale e soprattutto nella stesura della Carta Fondamentale della Repubblica, la Costituzione, si trovò l’intero sistema politico italiano non marxista schierato contro, pur avendo una base di massa nella società italiana di enorme portata.

I motivi di questa “preclusione” andrebbero certamente ricercati nel fortissimo legame (almeno fino agli anni ‘70) che il PCI mantenne con il PCUS russo, legame non solo ideologico, ma anche e soprattutto operativo e finanziario. Da questo punto di vista certamente la conventio rispondeva ad una necessità oggettiva di difesa della collocazione italiana nel conteso occidentale, ma soprattutto rispondeva a precisi interessi economici. Non a caso la prima clausola per l’ottenimento dei finanziamenti per la ricostruzione post bellica del Piano Marshall, era proprio l’assoluta esclusione dalla gestione del potere del Partito Comunista. Ma sono convinto che oltre a questa motivazione, ve ne sia un'altra, ben più profonda e determinante. Questa spiegazione va ricercata in ben precisi interessi statunitensi la cui tutela ed il perseguimento dei quali, potevano non tenere in nessun conto (e non lo hanno fatto), il grado di democraticità del sistema italiano.

Quello che occorre sottolineare in merito a questo aspetto, è che, all'interno dell'equilibrio internazionale venutosi a creare con gli accordi post-bellici, l'Italia, liberata dagli Alleati, rappresentava un avamposto eccezionale e di cruciale importanza nella strategia Statunitense. Terra di confine, penisola circondata per due terzi dal mare, collocata in una posizione strategica all'interno del Mediterraneo, l'Italia era essenziale da un punto di vista militare sia come collocazione di postazioni missilistiche nucleari (basi NATO), sia come primo baluardo ad una possibile invasione sovietica dell'Europa Occidentale. Se infatti l'invasione coordinata delle forze sovietiche, che gli americani paventavano il più delle volte propagandisticamente, fosse realmente cominciata (evenienza che la storia ha dimostrato più che infondata), essa avrebbe certamente preso le mosse dall'Italia e dalla Germania (Berlino). Pertanto, nelle menti degli strateghi militari di Washington, l'Italia era un paese fondamentale, che avrebbe dovuto restare indissolubilmente legata al mondo occidentale dal punto di vista militare, ma anche politico. Questa particolare condizione, faceva dello scenario politico italiano un teatro di scontro molto importante a livello ideologico (contro le forze di sinistra), ma anche e specialmente di tattica e strategia degli apparati di informazione. Strategie che rivestivano profonda importanza, dal momento che il sistema politico italiano, benchè esistesse una forza tanto fedele a Washington e ottimamente radicata nella società come la Democrazia Cristiana, era caratterizzato da una persistente instabilità.

I difensori della democrazia rappresentativa italiana, hanno sempre visto nell'instabilità del sistema politico italiano principalmente un problema di assetti istituzionali (con varie argomentazioni il più delle volte tecnicamente anche valide). Ma la vera ragione di questa instabilità, a mio avviso, va ricercata essenzialmente nella mutilazione del sistema democratico, nella sua non effettività e nell'inapplicazione dei principi contenuti in Costituzione. La pregiudiziale “comunista”, in definitiva, sebbene giustificata il più delle volte non solo da motivazioni ideologiche bensì pratiche e strategiche, rese il sistema italiano fragile e dunque più incline a quelle che possono essere definite con un eufemismo le “soluzioni forzate”, proprio per tentare di risolvere le enormi contraddizioni nel quale il paese e la società erano profondamente immersi.

Questo e non altro ha determinato la storia politica del nostro paese dal dopoguerra ad oggi. Questo e non altro, in definitiva, ha reso possibile il verificarsi, in Italia, di alcuni degli episodi più torbidi e tragici di tutto l'occidente europeo.

Voglio ricordare solo en passant il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro, la P2, Gladio, le Stragi di Stato (Piazza Fontana, Piazza della Loggia, il Treno Italicus ecc.), il golpe De Lorenzo, il Golpe Borghese, l'uccisione di Mattei, l'uccisione di Pier Paolo Pasolini.

Gli episodi sono tanti, la strategia ad essi sottesi una sola.


(Francesco Salistrari, 2009)



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